Non sono un mostro, di Carmen Chaparro

Non sono un mostro
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Il punto di partenza di questo libro è una situazione che sembra estremamente inquietante per tutti noi che siamo genitori e che ci incontriamo nel centri commerciali spazi dove liberare i nostri piccoli mentre sfogliamo una vetrina.

In quel battito di ciglia in cui perdi la vista in un abito, in qualche accessorio di moda, nel tuo tanto atteso nuovo televisore, scopri improvvisamente che tuo figlio non è più dove lo avevi visto nel secondo precedente. L'allarme scatta subito nel tuo cervello, la psicosi annuncia la sua intensa irruzione. I bambini appaiono, appaiono sempre.

Ma a volte non lo fanno. Passano i secondi e i minuti, percorri i corridoi luminosi avvolti da una sensazione di irrealtà. Noti come le persone ti guardano mentre ti muovi irrequieto. Chiedi aiuto ma nessuno ha visto il tuo piccolo.

Non sono un mostro raggiunge quel momento fatale in cui sai che è successo qualcosa e non sembra niente di buono. La trama avanza freneticamente alla ricerca del bambino smarrito. Il L'ispettore Ana Arén, aiutato da un giornalista, associa immediatamente la scomparsa a un altro caso, quello di Slenderman, lo sfuggente rapitore di un altro bambino.

L'ansia è la sensazione predominante di un romanzo poliziesco con quella sfumatura assolutamente drammatica che si assume nella perdita di un figlio. Un trattamento quasi giornalistico della trama aiuta in questa sensazione, come se il lettore potesse condividere le esclusive delle pagine degli eventi in cui si svolgerà la storia.

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