I 3 migliori libri di Raymond Carver

Mentre Bukowski issa con fermezza la bandiera degli scrittori più senz'anima, nella parata volutamente patetica del realismo sporco, altri autori come Raimondo Carver, Richard Ford o Peter John Gutierrez hanno continuato e migliorato quel tipo di narrativa suggestiva al viscerale. Un tipo di narrazione spogliata di artifici per focalizzare il lettore sui personaggi, mossi dal capriccio completo di una mente che legge che ricrea ambienti minimalisti, riempiendoli a volte di un colore psichedelico.

Raimondo Carver Fu lui che meglio aggiustò quel setaccio di paglia narrativa per trovare nel racconto (e anche nella poesia) l'ambientazione perfetta attraverso cui far vagare i suoi personaggi di vitale irrilevanza che per la loro rabbiosa verità finiscono per aggrapparsi alla nostra pelle con la loro storie leggere dal nulla, un abisso che alla fine ci circonda tutti e in cui solo l'edonismo e un punto nichilista possono comporre la filosofia necessaria alla sopravvivenza.

Eppure, tra tutta la pletora di personaggi che occupano le brevi scene dei suoi racconti spietati, scopriamo anche perché arriviamo lì, a quell'orlo dell'abisso del nulla spirituale e fisico. Guardando tutto o niente, scopriamo come la distruzione minacci qualsiasi costruzione vitale di carte con il suo leggero respiro stravagante.

I personaggi di Carver finiscono per battere, aprendosi completamente alle loro miserie, alle sue fini affrettate, alla sua usura e demotivazione, alla cupa felicità della rassegnazione e dell'assunzione della sconfitta.

Si tratta di decidere quale motore è quello che avvierà ogni nuova decisione dei personaggi, se la paura perenne o l'irrefrenabile desiderio fisico che si risveglia prima di ogni minaccia con potente ferocia. Personaggi resi filosofi del quotidiano, specchi in cui si riflette perfettamente l'umano moderno.

I 3 migliori libri consigliati di Raymond Carver

Principiantes

L'opera precedentemente nota come Di cosa parliamo quando parliamo d'amore? in realtà è passato attraverso la censura di un particolare editore nel 1981. Carver probabilmente non sarebbe in grado di discutere quel taglio dal volume di racconti.

Il punto è che molti anni dopo questo libro sarebbe arrivato senza la revisione iniziale, e allora si sarebbe scoperta la grandezza più piena di un'opera che, se fosse stata già benedetta a suo tempo dai lettori più irriverenti, avrebbe poi ulteriormente arrotondato quella forza centripeta intorno a una malinconia devastante.

Una catena di storie quotidiane compone un mosaico di tessere d'amore nei bordi di vetro pressati dalle mani, con tristezze che suonano come addii e sventura.

Un collage narrativo su una tela bianca, senza ricreazioni descrittive, dove solo brandelli di pelle si attaccano insieme dall'alcol, un alcol che si apre alla verità più cruda e appare sul lucido sentiero dal nulla.

Principianti: di cosa parliamo quando parliamo di amore

Tre rose gialle

Forse tutto quel movimento legato al realismo sporco ha la sua ispirazione in Cechov, forse la storia di personaggi e ambientazioni pieni di sobrietà stilistica e spirituale provengono dal genio russo che in qualche modo ha posto le basi della storia moderna, una sorta di divagazione con il racconto tradizionale per affrontare gli aspetti più banali del brief.

Così si potrebbe intendere il tocco finale di questo volume di sei storie, chiusura che dà il titolo al volume e che affronta una presunta fine di Cechov che, da quel rimbalzo del paziente che lo conduce paradossalmente al suo epilogo, spara verso una nuova fine dei suoi giorni, al suono di una gelida sinfonia narrativa composta come epitaffio dal suo ammiratore Carver.

Le cinque storie rimanenti approfondiscono nuovi casi di solitudine e delusione, come personaggi che viaggiano attraverso la stessa steppa russa in cui Cechov ha localizzato i suoi protagonisti.

Tre rose gialle

Se hai bisogno di me, chiamami

I geni sono così, ci si può sempre aspettare un nuovo smarrimento, una nuova opera seppellita dal disinteresse.

Considerati forse da Carver come racconti minori, questi cinque nuovi racconti del quotidiano e del sobrio si aprono a quello spazio intimo e sconvolgente del narratore che intende uscire dai propri inferni e che si muove con gli ultimi colpi tra una letteratura che è stata placebo e condanna.

Storie di uomini che hanno già abbandonato lo strano bagliore dell'alcol in bottiglia e stanno cercando di ritrovare se stessi. Tranne che i percorsi passati non possono essere ricominciati, non importa quanto tu creda che ci sia sempre speranza.

Essere un perdente significa essere umano. E nella mascherata generale non vengono risparmiati né gli alcolisti né gli astemi.

Se hai bisogno di me, chiamami

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Scorciatoie

Nel 1990 Robert Altman lesse le storie di Carver e gli fu chiaro che lì c'era un film. Per realizzarla, il regista «ha dialogato» con lo scrittore, ha combinato i loro testi, spostato i personaggi da una storia all'altra e, a suo modo, ha composto una specie di film memorabile «grande romanzo americano». Queste sono le storie che hanno ispirato il film.

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