Perché mettere un titolo semplice a un libro e può metterlo molto lungo. Soltanto Luis Piedrahita e Cervantes con il suo "L'ingegnoso hidalgo Don Qujijeto de la Mancha" hanno osato mettere un titolo di più di sette parole 🙂
Ma naturalmente è anche vero che il concetto generale del libro dovrebbe essere esplicitato nel titolo. Affinché un potenziale lettore non venga indotto in errore nel portare a casa la nuova revisione del dizionario enciclopedico. Il mondo è pieno di lettori insoddisfatti che si lamentano degli scrittori ingannevoli. E no, Luis non voleva essere carne da galera.
Sebbene non sia meno vero di quelli di noi che conoscono Luis Piedrahita, sappiamo già del suo amore per gli endecasillabi, le perifrasi e i neologismi, soprattutto questi ultimi. Luis ha la parola giusta per ogni vuoto mentale, parole nate dal caso che vengono a ridefinire il mal definito. Termini che sono meglio assunti dal cervello a causa della sua immagine mentale immediata.
Forse la nostra lingua andrebbe ristrutturata, almeno per quanto riguarda la sua parte del discorso...
Quindi, se vuoi disimparare a parlare e imparare ad esprimerti come Dio voleva, hai due opzioni: studiare il dizionario aggiornato di Maria Moliner o arrenderti all'apprendimento attraverso le risate, una promessa così impossibile da parte di un ciarlatano.
Al di fuori degli scherzi, non degli scherzi, i termini che Luis Piedrahita ci presenta per poter nominare gli aspetti quotidiani sono tanto brillanti quanto evidenti, tanto grandi quanto naturali. Come già annuncia la sinossi, questo libro arriva a colmare le lacune che la Royal Academy of the Language non è in grado di colmare. E quello..., che Luis li copre, nel bene e nel male.
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