Parte della felicità che porti, di Joan Cañete Bayle

Parte della felicità che porti
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È perverso conoscersi in quali circostanze. È probabile che dal momento disastroso in cui incontri qualcuno in una circostanza avversa, ogni volta che vedi il suo volto, rivivi il calvario che ti ha unito a lui/lei.

Ma allo stesso tempo c'è qualcosa di essenziale umanità nella tragedia, di unione di fronte a un nemico comune che non è facile sconfiggere. La terapia intensiva diventa uno spazio di convivenza per quattro mamme di fronte a quel nemico inaspettato, a quel male delle varie rappresentazioni che è entrato nella parte più amata della loro vita, i loro figli.

In quei momenti inaspettatamente condivisi, tra emozioni tangibili che costringono il respiro dal profondo dell'anima, tra sensazioni contraddittorie nate dalla paura e dalla disperazione, emergono momenti tra il profondamente tragico e il terapeutico, per i protagonisti e per il lettore.

La routine diventa un ricordo felice, il normale diventa un'eccezionale finzione di ciò che avrebbe potuto essere. L'amore acquista la forza dell'assenza con il suo imperativo bisogno fisico. Tutto trabocca. Le quattro donne attraversano insieme la solitudine, quattro madri la cui solitudine le rende complici nella sventura. Piangeranno insieme, malediranno il destino, affronteranno le loro emozioni instabili...

Ma con il controllo degli eventi completamente perso, potrebbe arrivare anche un momento di riconciliazione con la vita. Carmen, una delle madri, ha l'opportunità di ribaltare gli eventi. Sua figlia è stata investita e si aggira tra le due sponde, tuttavia il suo intervento di madre può essere fondamentale affinché non se ne vada...

Mi ha colpito di questo libro la sua particolare citazione, portata da un contesto tanto distante quanto appropriato per quei momenti di assoluta irrealtà. La finzione è lo spazio in cui accogliamo la realtà che dobbiamo vivere. L'autore riporta questa citazione dal libro Dracula: «Benvenuto nella mia dimora. Entra liberamente, di tua spontanea volontà, e lascia una parte della felicità che porta. Nella terapia intensiva di qualsiasi ospedale lasci sempre quella parte di te che era felice, momentaneamente o completamente.

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