Frantumaglia, di Elena Ferrante

la frantumaglia
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Uno dei libri che ogni aspirante scrittore oggi dovrebbe leggere è Mentre scrivo, di Stephen King. L'altro potrebbe essere questo: Frantumaglia, della controversa Elena Ferrante. Controversa sotto diversi aspetti, in primo luogo perché si riteneva che sotto quello pseudonimo ci sarebbe stato solo fumo, e in secondo luogo perché si riteneva che una simile scoperta potesse essere una tecnica di marketing... il dubbio ci sarà sempre.

Ma oggettivamente, chiunque sia l'autore dietro, Elena Ferrante sa di cosa si parla quando scrive, e ancor di più se quello di cui sta parlando è proprio l'atto dello scrivere. Come in molte altre occasioni, non fa mai male iniziare con l'aneddoto per approfondire un problema.

L'aneddoto che in questo saggio ci racconterà del processo creativo riguarda proprio la parola frantumaglia. Un termine dall'ambiente familiare dell'autore che è stato usato per definire strane sensazioni, ricordi mal registrati, deja vú e alcune altre percezioni accumulate in uno spazio remoto tra memoria e conoscenza.

Uno scrittore colpito da questa frantumaglia ha molto guadagnato in quel rapido avvio davanti alla pagina bianca, queste sensazioni si traducono in idee profuse e nuove su qualsiasi argomento da discutere o qualsiasi scenario da descrivere o qualsiasi metafora suggestiva da includere.

E così, dall'aneddoto, ci avviciniamo alla scrivania di Elena Ferrante, dove tiene i suoi libri, i suoi bozzetti e le sue motivazioni per scrivere. Una scrivania dove tutto nasce casuale e finisce per essere sottoposto a un ordine che finisce per contrastare il caso e l'ispirazione.

Perché le lettere, le interviste e le conferenze che sono incluse in questo libro sono nate lì, su quella scrivania sobria e magica. E attraverso quel racconto quasi epistolare si arriva al livello più intimo dello scrittore, dove si mescolano il bisogno di scrivere, la creatività che lo guida e la disciplina che finisce per cavalcarlo.

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1 commento su «Frantumaglia, di Elena Ferrante»

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