Niente come la letteratura per scoprire quegli esseri speciali che senza dubbio abitano tra noi.
Pensare a Olivier Messiaen come a un personaggio letterario può avvicinarsi al presupposto di immaginare Grenouille, dal romanzo Profumo, svelando il mistero del suo dono olfattivo, quella capacità sensoriale ben al di sopra del suo mondo grigio.
Solo la cosa di Olivier Messiaen era il dono dell'udito. Altrimenti con analoghi paralleli intorno a un mondo tanto grigio o più che l'ambientazione sordida del grande romanzo di Patrick Suskind.
Olivier fu ordinato dalla seconda guerra mondiale sul fronte della battaglia di Francia nel 1940. E lì fu fatto prigioniero. Il più paradossale di tutti fu che, durante la sua prigionia da parte dei nazisti, compose il suo famoso Quartetto per la fine dei tempi. Ed è che il tragico, l'aspro, il miserabile e il sinistro possono anche trovare una sorta di sublimazione sulla corda tesa della resilienza o della disperazione.
Mario Cuenca-Sandoval affronta questo aspetto ben noto dell'autore, ma alla fine non smette di romanzare la sua vita come meritano che accada a questa classe di grandi personaggi della storia che raggiungono a quel punto della finzione le vette di maggiore grandezza che il crudo realismo fa non sempre permettere.
Così l'autore compone una brillante narrazione in cui mescola la passione ornitologica di Olivier, la sua devozione religiosa e, soprattutto, la musica. Per un genio innato come Olivier, la musica è un canale di comunicazione superiore. Il linguaggio ha i suoi difetti, la musica no, il suono può essere pieno e acquisire nuovi colori che colorano le nostre emozioni.
Quando un musicista ha quella capacità di decifrare la particolare magia dei suoni, non ci resta che ascoltare la sua musica, quella traccia di divinità che si muove tra le onde dell'aria, sospendendo emozioni e sensazioni, confrontandosi con ragione e intelligenza, traboccandola di virtù dell'astratto, dell'intangibile...
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