Basta con la vita, di Carmen Amoraga

vivi e basta
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La sensazione che i treni passino non è qualcosa di così estraneo o pellegrino. Di solito succede a tutti i mortali che a un certo punto meditano su ciò che non è andato per il verso giusto. La prospettiva può affondarti o renderti forte, tutto dipende dal fatto che tu sia in grado di estrarre qualcosa di positivo tra lo sconforto e la disperazione. Qualcosa come una resilienza sulla tua stessa perdita di vite.

Ma certo, casi come quelli di Pepa, la protagonista di questa storia, sono quei casi oggettivi di perdita della vita. È umano cedere alla causa di una madre sprofondata nella perdita del marito, ma la situazione può diventare così avvincente da finire per annullare la badante.

Raccontare una vita persa a causa di questa disgrazia estesa da madre a figlia è un'intuizione drammatica senza eguali. Alla fine sua madre riesce a uscire dalla depressione, ma la sua vita sembra svanita nel frattempo della guarigione della madre.

Se Pepa ha sbagliato o se ha fatto davvero quello che doveva fare è il dilemma che si presenta a Pepa quando il nuovo scenario del tempo senza dedizione a cui arrendersi si apre davanti a lei come un duro bivio emotivo.

Ma potrebbe non essere andato tutto male. In quella dedizione verso la guarigione della madre, Pepa ha imparato a lottare ea cercare di tirare fuori il piccolo positivo da una vita gravata. Per questo, quando incontra Crina, una donna vittima della tratta dei bianchi, incinta e completamente annullata dai suoi oppressori, Pepa si dà anima e corpo per la sua liberazione, davanti a tutto ea tutti. E nel suo nuovo lavoro, nel miglioramento condiviso con quella nuova vittima, forse Pepa finisce per liberarsi anche lei.

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