Esercizi di memoria, di Andrea Camilleri

Esercizi di memoria
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È curioso come in assenza dell'autore di turno, quella che avrebbe potuto essere una pubblicazione dirompente, una stravaganza nella vita, finisce per essere una rarità per i mitomani dopo la sua morte. Ma anche tutto un approccio ai laici che forse non hanno mai letto lo scrittore che non molto tempo fa ha lasciato le scene e che qui sintetizza quel famoso perché? di scrittura.

Il punto è che come nel caso (recuperato dalla vicinanza nella loro morte) di Ruiz Zafon con la sua opera postuma «La città del vapore», ora esce questo singolare libro di Camilleri che si legge con quel punto di idolatria e di nostalgia da cui tutto assume un nuovo significato.

E così tutto ha un posto in un volume che raccoglie storie ed esperienze, le ultime di tutte, in quella commistione di realtà e finzione che in definitiva definisce lo scrittore dedito alla causa dell'allargamento della professione per anni e anni...

Pur essendo diventato cieco all'età di novantuno anni, Andrea Camilleri non si è fatto intimidire dal buio, così come non ha mai avuto paura della pagina bianca. L'autore siciliano ha scritto dettando fino alla fine dei suoi giorni, e con l'oralità ha trovato un nuovo modo di raccontare storie. Fin dall'inizio della sua cecità, si applicò all'esercizio della memoria con la stessa ferrea disciplina con cui aveva lavorato per tutta la vita. Con persistente lucidità, si dedicò a mettere insieme i ricordi di una vita lunga e prolifica, mostrando un'acutezza mentale unica e la sua particolare visione del mondo.

Questo libro nasce come esercizio per praticare questo nuovo modo di scrivere, una sorta di libretto di vacanza: ventitré storie concepite in ventitré giorni. In essi l'autore rievoca episodi chiave della sua vita, ritrae gli artisti che più stimava e ripercorre la storia recente d'Italia, che ha vissuto in prima persona. Un gioco letterario dove si intrecciano suoni, conversazioni e immagini che non potrai mai toglierti dalla testa.

«Vorrei che questo libro fosse come la piroetta di un acrobata che vola da un trapezio all'altro, magari facendo un triplo salto mortale, sempre con il sorriso sulle labbra, senza esprimere la fatica, l'impegno quotidiano o la costante sensazione di rischio che ha reso possibile quel progresso. Se il trapezista mostrasse lo sforzo che gli è costato per eseguire quella capriola, lo spettatore non si godrebbe certo lo spettacolo".

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